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Sorvegliare i vulcani con l’apatite

  • Alessandro Liuzzo 1^B - I.I.S. "A.
  • 22 mar 2017
  • Tempo di lettura: 2 min


Su Nature Geoscience sono apparsi i risultati di una nuova ricerca, firmata dall’ Università di Oxford nel Regno Unito, secondo cui spiegare i meccanismi che precedono l’eruzioni vulcaniche potrebbe aiutare ad individuare nuovi modi per sorvegliare i vulcani attivi e quiescenti. Partiamo dicendo che eruzione vulcanica consiste nella fuoriuscita di magma, lapilli e gas come anidride carbonica, vapore acqueo e gas sulfurei dal cratere di un vulcano. Il magma si forma grazie al processo di fusione di materiale all’interno del mantello ad una temperatura molto elevata.


Il cambiamento che si presenta nei gas emessi in superficie potrebbe rappresentare un segnale di eruzione vulcanica in pochi giorni o mesi. Quando il magma crea bolle di gas, quello emesso in superficie avvertirebbe un cambiamento nella composizione, fornendo così un potenziale segnale di allerta. A dirlo è stato una squadra di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia a Napoli e delle Università di Oxford nel Regno Unito.


In un intervista il ricercatore ,dell’INGV-OV, Roberto Isaia spiega che in questo periodo la sua squadra in collaborazione con l’università di Oxford sta studiando il Vesuvio che dopo aver eruttato l’ultima volta nel 1538 rimane quiescente creando interesse nella comunità dei vulcanologi.


La squadra si è concentrata sullo studio di materiali creati durante un’eruzione vulcanica esplosiva avvenuta circa 4.000 anni fa nell’aria intorno a Napoli. Attraverso una nuova indagine sui cristalli di apatite (minerale appartenente alla classe dei fosfati), messa a punto all’Università di Oxford, è stato possibile ricostruire l’evoluzione del magma nel tempo, fino ai processi che possono innescare un’eruzione esplosiva.


Secondo Isaia aver provato questo metodo sul Vesuvio apre le porte allo studio di altri vulcani c


he contengono apatite.


Questa ricerca aiuta la comunità scientifica a perfezionarsi per capire cosa misurare dei vulcani e il modo in cui interpretare i segnali del monitoraggio a lungo termine che il vulcano ci offre e in modo di avvertirci in caso di eruzione. Già oggi si usa questo metodo e sta diventando sempre più diffuso tra i vulcanologi.


“Da qualche tempo è stato osservato che alcuni vulcani eruttano con poco preavviso" (ad es. il Rabaul in Nuova Guinea). Ora nuove ipotesi potrebbero spiegare il perché di queste eruzioni improvvise e suggerire nuovi modi per sorvegliare vulcani attivi e quiescenti”, conclude il ricercatore dell’INGV.


Questo studio si conclude con la certezza che i vulcani quiescenti non abbiano bisogno obbligatoriamente di anni ed anni per accumulare gas compressi nella camera magmatica ma basta un tempo di pochi mesi o di pochi giorni per far si che un vulcano possa eruttare.


Sito : Popular Science

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